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FRASI PENSIERI RIFLESSIONI Le più belle,le più o meno note,le personali. |
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#1 |
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C'era una volta un vecchio che non era mai stato giovane. In tutta la sua vita, in realtà, non aveva mai imparato a vivere. E non avendo imparato a vivere, non riusciva neppure a morire.
Non aveva speranze nè turbamenti; non sapeva nè piangere nè sorridere. Tutto ciò che succedeva nel mondo non lo addolorava e neppure lo stupiva. Passava le sue giornate oziando sulla soglia della sua capanna, senza degnare di uno sguardo il cielo, l'immenso cristallo azzurro che, anche per lui, il Signore ogni giorno puliva con la soffice bambagia delle nuvole. Qualche viandante lo interrogava. Era così carico d'anni che la gente lo credeva molto saggio e cercava di far tesoro della sua secolare esperienza. "Che cosa dobbiamo fare per raggiungere la felicità?" chiedevano i giovani. "La felicità è un'invenzione degli stupidi" rispondeva il vecchio. Passavano uomini dall'animo nobile, desiderosi di rendersi utili al prossimo. "In che modo possiamo sacrificarci per aiutare i nostri fratelli?" chiedevano. "Chi si sacrifica per l'umanità è un pazzo" rispondeva il vecchio, con un ghigno sinistro. "Come possiamo indirizzare i nostri figli sulla via del bene?" gli domandavano i genitori. "I figli sono serpenti" rispondeva il vecchio. "Da essi ci si possono aspettare solo morsi velenosi". Anche gli artisti e i poeti si recavano a consultare il vecchio che tutti credevano saggio. "Insegnaci ad esprimere i sentimenti che abbiamo nell'anima" gli dicevano. "Fareste meglio a tacere" brontolava il vecchio. Poco alla volta, le sue idee maligne e tristi influenzarono il mondo. Dal suo angolo squallido, dove non crescevano fiori e non cantavano uccelli, Pessimismo (perché questo era il nome del vecchio malvagio) faceva giungere un vento gelido sulla bontà, l'amore, la generosità che, investite da quel soffio mortifero, appassivano e seccavano. Tutto questo dispiacque molto al Signore, che decise di rimediare. Chiamò un bambino e gli disse: "Va' a dare un bacio a quel povero vecchio". Il bambino obbedì. Circondò con le sue braccia tenere e paffute il collo del vecchio e gli stampò un bacio umido e rumoroso sulla faccia rugosa. Per la prima volta il vecchio si stupì. I suoi occhi torbidi divennero di colpo limpidi. Perché nessuno lo aveva mai baciato. Così aperse gli occhi alla vita e poi morì, sorridendo. A volte, davvero, basta un bacio. Un "Ti voglio bene", anche solo sussurrato. Un timido "Grazie". Un apprezzamento sincero. E' così facile far felice un altro. Allora, perché non lo facciamo |
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#1.5 | |
Bot Posting ADS Data registrazione: Da Sempre
Località: bot
Messaggi: Tanti
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#2 |
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Non appena Dio creò l'uomo, si mise subito in ascolto, da buon padre, dei bisogni e delle richieste di quella sua nuova, inconsueta creatura.
"Ho fame e sete", disse subito l'uomo. Dio gl'insegnò come cibarsi: gl'indicò le sorgenti, gli alberi da frutta e i favi delle api, i cespugli di bacche e mille altre leccornie prodotte dalla terra. Ma l'uomo, saziata fame e sete, fece altre richieste. "Ho sete di protezione e di riposo", disse. Dio gl'insegnò come utilizzare le mani, cosa che non aveva mai fatto con nessun'altra delle sue creature. L'uomo si costruì una capanna ed un giaciglio, ed ebbe la soddisfazione di udire la pioggia tamburellare sul suo capo mentre lui, all'asciutto, lasciava vagabondare i suoi pensieri. "Ho sete di piaceri", disse poi, forse impigrito dal troppo dormire. Dio lo accontentò. Gli aguzzò i sensi, come fa un arciere con le punte della sua freccia; e l'uomo poté assaporare, in maniera tutta speciale, gusti, suoni, profumi, panorami e carezze. Poiché queste ultime gli piacquero immensamente, l'uomo disse: "Ho sete d'amore". Dio fu contento di questa richiesta meno materiale delle altre e insufflò nell'anima dell'uomo un pizzico del suo soffio personale. L'uomo amò col cuore e con il corpo e fu tutt'uno con la persona amata, e comunicò con lei quasi nel modo in cui Dio, creandolo, aveva comunicato con lui. Fu allora che Dio si sentì fare dall'uomo la richiesta a lui più cara. "Ho sete di bellezza, d'armonia e d'eternità", disse l'uomo. Dio fu felice. Cosparse l'anima dell'uomo di un suo polline specialissimo, che teneva in serbo dall'eternità per chi, seppure molto alla lontana, gli fosse simile. E, considerata terminata la sua opera, si allontanò. L'uomo, però, aveva ancora una sete da saziare. Si trattava, benché non lo sapesse, di una sete impossibile da estinguere ma che, colmata anche solo in parte, gli avrebbe dato una soddisfazione tale da annullare tutte le altre. Essa però lo avrebbe divorato, a tal punto da trasformarlo in un'altra creatura, odiata ma temuta dai suoi simili più di tutte. "Ho sete di potere", disse l'uomo. Poiché Dio era assente, gli si presentò un demone pronto ad esaudirlo. Ecco perché, di tutte le seti dell'uomo, quest'ultima sete rinascerà sempre insaziata nel suo cuore, ed avrà sempre, non la benedizione di Dio, ma la voracítà del suo nemico. |
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#3 |
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Un soldato tornava a casa dalla guerra. Avvicinandosi al suo villaggio, sentiva il cuore pulsargli in petto come quello di un cerbiatto impaurito: avrebbe rivisto la sua casa? Avrebbe potuto riabbracciare padre e madre?
La sua casa gli apparve d'improvviso, velata dalle lacrime e dal tempo. E i genitori, seduti sulla soglia uno accanto all'altro, gli parvero come bambini sperduti, disposti a un'attesa infinita. Quando si videro, si corsero incontro come fanno le foglie d'autunno, quando un turbine di vento le avvince in una folle danza. Ed il cielo sopra di loro era di un indicibile azzurro. Quando, dopo una pioggia di lacrime e sorrisi, entrarono nel piccolo cortile domestico, il giovane vide con sorpresa che, accanto all'orto, era sorta una piccola pagoda fatta con minuscoli sassi di fiume. "L'avete fatta voi?", chiese il soldato ai genitori. "Sì", risposero i due, arrossendo un poco, "un sasso per ogni giorno della tua assenza". "Ma io", osservò il giovane, "sono stato assente soltanto alcuni anni, e questi sassi sono migliaia di migliaia". Guardando con un sorriso la piccola pagoda, i genitori risposero: "Il tempo dell'attesa è come il tempo dell'amore: infinito". |
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#4 |
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"Mamma, guarda!" esclamò Marta, la bambina di sette anni.
"Già, già!" mormorò nervosamente la donna mentre guidava e pensava alle tante cose che l'attendevano a casa. Poi seguirono la cena, la televisione, il bagnetto, varie telefonate e arrivò anche l'ora di andare a dormire. "Forza Marta, è ora di andare a letto!". E lei si avviò di corsa su per le scale. Stanca morta, la mamma le diede un bacio, recitò le preghiere con lei e le aggiustò le coperte. "Mamma, ho dimenticato di darti una cosa!". "Me la darai domattina" rispose la mamma, ma lei scosse la testa. "Ma poi domattina non avrai tempo!" esclamò Marta. "Lo troverò, non preoccuparti!" disse la mamma, un po' sulla difensiva. "Buona notte!" aggiunse e chiuse la porta con decisione. Però non riusciva a togliersi dalla mente gli occhioni delusi di Marta. Tornò nella stanza della bambina, cercando di non fare rumore. Riuscì a vedere che stringeva in una mano dei pezzetti di carta. Si avvicinò e piano piano aprì la manina di Marta. La bambina aveva stracciato in mille pezzi un grande cuore rosso con una poesia scritta da lei che si intitolava "Perché voglio bene alla mia mamma". Facendo molta attenzione recuperò tutti i pezzetti e cercò di ricostruire il foglio. Una volta ricostruito il puzzle riuscì a leggere quello che aveva scritto Marta: "Perché voglio bene alla mia mamma. Anche se lavori tanto e hai mille cose da fare trovi sempre un po' di tempo per giocare. Ti voglio bene mamma perché sono la parte più importante del giorno per te". Quelle parole le volarono dritto al cuore. Dieci minuti più tardi tornò nella camera della bambina portando un vassoio con due tazze di cioccolata e due fette di torta. Accarezzò teneramente il volto paffuto di Marta. "Cos'è successo?" chiese la bambina, confusa da quella visita notturna. "E' per te, perché tu sei la parte più importante della mia giornata!". La bambina sorrise, bevve metà della cioccolata e si riaddormentò. Chi è la parte più importante della tua giornata? |
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#5 |
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Il guerriero della luce crede. Poichè‚ crede nei miracoli, i miracoli cominciano ad accadere. Poichè‚ ha la certezza che il suo pensiero può modificare la vita, la sua vita comincia a mutare. Poichè‚ È sicuro che incontrerà l'amore, l'amore compare. Paulo Coelho
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#6 |
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La cosa migliore che tu possa fare
è credere in te stessa. Non aver paura di tentare. Non aver paura di cadere. E se capitasse, levati la polvere di dosso, rialzati e prova ancora! Judy Green Herbistreit |
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#7 |
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Sii più gentile del necessario, perchè ciascuna delle persone che incontri ha la sua piccola tempesta e se ti vede danzare nella pioggia, anche lei muoverà i primi passi di danza.
Dalai Lama |
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#8 |
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Una pigna gonfia e matura si staccò da un ramo di abete e rotolò giù per il costone della montagna, rimbalzò su una roccia sporgente e finì con un tonfo in un avvallamento umido e ben esposto. Una manciata di semi venne sbalzata fuori dal suo comodo alloggio e si sparse sul terreno.
“Urrà!” gridarono i semi all’unisono. “Il momento è venuto!” Cominciarono con entusiasmo ad annidarsi nel terreno, ma scoprirono ben presto che l’essere in tanti provocava qualche difficoltà. “Fatti un po’ più in là, per favore!” “Attento! Mi hai messo il germoglio in un occhio!”. E così via. Comunque, urtandosi e sgomitando, tutti i semi si trovarono un posticino per germogliare. Tutti meno uno. Un seme bello e robusto dichiarò chiaramente le sue intenzioni: “Mi sembrate un branco di inetti! Pigiati come siete, vi rubate il terreno l’un con l’altro e crescerete rachitici e stentati. Non voglio avere niente a che fare con voi. Da solo potrò diventare un albero grande, nobile e imponente. Da solo!”. Con l’aiuto della pioggia e del vento, il seme riuscì ad allontanarsi dai suoi fratelli e piantò le radici, solitario, sul crinale della montagna. Dopo qualche stagione, grazie alla neve, alla pioggia e al sole divenne un magnifico giovane abete che dominava la valletta in cui i suoi fratelli erano invece diventati un bel bosco che offriva ombra e fresco riposo ai viandanti e agli animali della montagna. Anche se i problemi non mancavano. “Stai fermo con quei rami! Mi fai cadere gli aghi”. “Mi rubi il sole! Fatti più in là…”. “La smetti di scompigliarmi la chioma?”. L’abete solitario li guardava ironico e superbo. Lui aveva tutto il sole e lo spazio che desiderava. Ma una notte di fine agosto, le stelle e la luna sparirono sotto una cavalcata di nuvoloni minacciosi. Sibillando e turbinando il vento scaricò una serie di raffiche sempre più violente, finchè devastante sulla montagna si abbattè la bufera. Gli abeti nel bosco si strinsero l’un l’altro, tremando, ma proteggendosi e sostenendosi a vicenda. Quando la tempesta si placò, gli abeti erano estenuati per la lunga lotta, ma erano salvi. Del superbo abete solitario non restava che un mozzicone scheggiato e malinconico sul crinale della montagna. |
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#9 |
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Una bambina viveva felice con il suo papà e la sua mamma. Ma per una meschina vendetta, alcuni uomini perfidi la rapirono.
Arrivarono un giorno nei loro grandi mantelli e, sulla strada che portava alla scuola, s'impadronirono della bambina. Galoppando di gran carriera su cavalli neri si allontanarono ben presto dal villaggio e presero la strada della foresta. La buia e tenebrosa foresta che ingoiava per sempre gli incauti che vi si avventuravano senza guida. Quegli uomini dal cuore di pietra portarono la bambina nel cuore della foresta. Volevano che si perdesse per sempre nella foresta. La bambina piangeva terrorizzata. E ripeteva, quasi gridava, la preghiera che la mamma le aveva insegnato: "Ave Maria, piena di grazia...". Giunsero dove la foresta era più intricata e impenetrabile. Là abbandonarono la bambina. La poverina si accucciò ai piedi di un grande albero, continuando a ripetere tra i singhiozzi: "Ave Maria Ave Maria...". Improvvisamente, fra le lacrime, proprio ai suoi piedi scorse una ![]() Perché anche la mamma e il papà avevano continuato a dire l'Ave Maria. E tutte quelle Ave Maria, quelle dei genitori e quelle della figlia, erano diventate un sentiero di rose. Che li aveva riportati tutti insieme. |
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#10 |
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Un povero gallo sconvolto e affamato andava disperatamente alla ricerca di qualcosa da mangiare. Becchettava ovunque, sotto fasci di legna, tra le foglie, intorno alle pietre e anche dietro ogni sassolino che poteva trovare.
All'improvviso il gallo si fermò. Li, davanti a lui, c'era una pietra diversa dalle altre che brillava in modo particolare. Il gallo cominciò a flssarla perplesso. Poi, di colpo, capì. Quella non era unà pietra comune. La sua forma, il suo sfavillio e la sua dimensione lo dimostravano bene. "Gli uomini ti chiamerebbero diamante", borbottò il gallo affamato, "ma, speciale o no, peme tu non vali più di un grano di riso", concluse e si voltò per continuare a becchettare. Coloro che sono preoccupati solo di beccare, passano accanto ai valori più preziosi, e neanche se ne accorgono. Per scoprire ciò che conta veramente, bisogna volerlo cercare. "Non date ai cani ciò che è santa perché non si rivoltino contro di voi per sbranarvi. Non gettate le vostre perle ai porci perché non le calpestino |
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Tag |
arciere, awards, medaglia, planetario |
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