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alabianca 04-11-12 15:28

Riferimento: arciere
 
Un re del tempo antico aveva un ministro molto saggio che, qualunque cosa accadesse, sentenziava:" Ciò che Dio vuole è per il meglio!" Questa esclamazione non sempre riscuoteva l'approvazione del re che non aveva la stessa fede in Dio del suo saggio ministro. Una volta il re rimase ferito in battaglia e anche in quell'occasione il ministro sentenziò, come sempre:" Ciò che Dio vuole è per il meglio!"
Questa volta il re andò su tutte le furie: come osava il ministro dire una cosa di questo genere, che cosa ci poteva mai essere di buono per lui nell'esser stato ferito?
E così fece imprigionare il ministro che accettò senza batter ciglio quell'ingiusta punizione con la solita esclamazione: "Ciò che Dio vuole è per il meglio!".
Vinta la guerra il re tornò al suo passatempo preferito: la caccia. Proprio durante una battuta di caccia, mentre cavalcava nella foresta, alquanto lontano dal suo seguito, il re fu improvvisamente circondato da una banda di briganti, adoratori della dea Kalì, alla quale essi solevano offrire ogni anno un sacrificio umano.
Destino volle che questa volta la vittima designata fosse il re stesso, che fu incatenato e portato nel tempio. Ma la vittima sacrificale deve essere fisicamente perfetta e non presentare menomazioni di sorta, perciò quando il sacerdote di Kalì si accorse della ferita del re, decretò che questi non era adatto a essere sacrificato e lo lasciò tornare libero al suo palazzo: quella ferita gli aveva salvato la vita!
Il re si rese conto che il ministro aveva avuto ragione e lo fece immediatamente liberare e reintegrare nella sua carica. Quando il ministro fu alla sua presenza, il re gli raccontò l'accaduto e aggiunse:" La mia ferita è stata davvero per il meglio, perché grazie a essa sono sfuggito alla morte, ma che cosa ne hai guadagnato tu, che sei rimasto rinchiuso in prigione?". Il ministro rispose: "Maestà, se non fossi stato in prigione, sarei stato accanto a voi nella foresta; i banditi avrebbero catturato anche me e, dal momento che il mio corpo è intatto, avrebbero sacrificato me al vostro posto".
Il re ammirò la saggezza del suo ministro e da allora lo tenne nella più alta considerazione.

alabianca 04-11-12 15:29

Riferimento: arciere
 
Per anni e anni Ghior girò il mondo alla ricerca di qualche risposta ai suoi affannosi "perché?". Da piccolo aveva perso la mamma e il papà e aveva dovuto arrangiarsi per vivere, subendo ogni sorta di privazioni. La vita, tra imprevisti, delusioni e accidenti di ogni tipo, non gli aveva mai sorriso veramente.
Ora, stanco e arrabbiato, stava per abbandonarsi definitivamente allo sconforto, ma, prima di mollare la presa, decise di fare un ultimo viaggio per il mondo e, preparata alla buona una sacca con cibo e vestiti, s'incamminò alla ricerca di risposte.
Dopo molto tempo, una notte molto fredda, arrivò in un piccolo villaggio, poche tende di pastori, qualche fuoco e molte stelle. Entrò in una delle tende e vicino al fuoco vide addormentata una vecchia donna. Stava quasi per svegliarla e chiederle ospitalità, quando una mano gli sfiorò la spalla. Girandosi di scatto, si trovò davanti un giovane: era un guerriero che sottovoce, ma con tono imperioso, gli disse: "Per la notte copriti con questa!", e gli porse una coperta morbidissima, di lana pettinata, ricamata con colori accesi: nemmeno il tempo di ringraziare, ed era già sparito.
La luce tenue dell'alba svegliò Ghior, che ancora sotto la sua coperta, si sentì invadere come una piena dal peso dei suoi perché e dei suoi dubbi antichi. La vecchia donna rientrando nella tenda con una brocca fumante di latte di capra e qualche focaccia gli disse: "Figliolo, smetti di tormentarti per nulla".
"Ma la mia sofferenza e le mie disgrazie sono nulla?" rispose Ghior stupito e rattristato.
"Figliolo - riprese la donna - smetti di tormentarti. Ciò che ti ha tenuto caldo durante la notte è proprio la risposta che cerchi".
Ghior non capiva. Cos'era questa cosa che lo aveva tenuto caldo per tutta la notte...ed era anche la risposta ai suoi perché?
Sfiorando il bordo della coperta, la morbidissima sensazione della lana si trasformò in una illuminazione: "La coperta, la coperta mi ha tenuto caldo, la coperta! Ma...come può essere la risposta ai perché complicati della mia vita?".
Appoggiato il latte e le focacce per terra, la vecchia donna si chinò fino a sedersi al giaciglio di Ghior.
"Guarda figliolo - disse mostrandogli un lato della coperta - cosa vedi?"
"Dei colori bellissimi, e disegni ancor più belli ricamati con perfezione mai vista".
"Ora guarda l'altro lato: cosa vedi?".
"Vedo il tipico aggrovigliarsi dei fili del ricamo, colori sovrapposti, confusione, nodi curati ma sempre nodi, e tagli di filo e colori, intrecci imprevisti, senza senso, disegni incomprensibili e brutti da vedere".
"Ecco figliolo, la vita, la tua vita è esattamente così: tu sei sotto il ricamo della vita, puoi vedere questa coperta solo da sotto; è la condizione umana. Nel frattempo, per te, su di te e dentro di te si ricamano dall'altro lato disegni e sfumature straordinarie e di una bellezza sconvolgente, e per questo ricamo a volte si rende necessario tagliare, fare nodi, correggere. Da qua sotto è ovvio che SENZA UN PO' DI FEDE e fantasia vedi solo tagli, nodi e confusione, ma guarda un po' cosa sta realizzando Dio su di te...un disegno bellissimo!"

alabianca 04-11-12 15:34

Riferimento: arciere
 
Un maestro spirituale, che teneva le sue lezioni nel tempio, si slogò un giorno una caviglia e, non volendo interrompere il suo corso, invitò gli allievi nella propria casa, sul fiume Xiang.
Pregò moglie e figli di starsene in disparte e nel massimo silenzio, perché gli allievi potessero trovarsi a loro agio nella sua dimora; e potesse trovarsi a proprio agio soprattutto lui, che era giunto a un punto fondamentale dell’argomentazione: la fede.
La lezione si tenne nel massimo silenzio e raccoglimento, proprio come se la casa fosse un piccolo tempio. E il maestro ottenne un grande successo, toccando il cuore dell’uditorio specialmente quando insisté sulle illimitate possibilità della fede.
"Ho saputo che Gesù il Nazareno", concluse, "ha detto che se ciascuno avesse anche solo un briciolo di fede, potrebbe trasportare le montagne. Sono d’accordò con lui. Se non trasportare le montagne, potremmo almeno, con un grammo di fede, attraversare il nostro fiume camminando sull’acqua".
Quando gli allievi se ne furono andati, il maestro sospirò: erano anni che terminava la lezione sulla fede sempre nello stesso modo. Forse avrebbe dovuto cambiarlo. "Il trasportare le montagne o il camminare sul fiume", pensò, "sono esagerazioni che toccano la fantasia, ma non convincono certo la mente".
Stava così pensando, quando vide sua moglie che camminava sul pelo dell’acqua con un figlioletto in braccio e una cesta in capo.
"Che stai facendo, pazza?", le gridò con la voce strozzata.
"Sto andando al mercato per la via più breve, secondo il tuo suggerimento", rispose lei, e raggiunse l’altra sponda.
A quel punto, il maestro capì che nulla è esagerato nella fede. Ma, soprattutto, prese coscienza della propria incredulità.

alabianca 04-11-12 15:37

Riferimento: arciere
 
Un giorno, un uomo ricevette un messaggio. "Non puoi più fuggire", gli diceva, "di fronte al tuo compito di essere te stesso sino in fondo".
L'uomo lo attendeva da tempo, quel messaggio, e anche se talvolta aveva anelato che gli pervenisse, aveva poi fatto di tutto per sfuggirgli: cambiato identità, mutato dimora, addirittura alterato i tratti del suo volto.
Ora si trovava con le s***** al muro. C'era però qualcuno, lo sapeva, che poteva aiutarlo: un vecchio dagli occhi di ghiaccio dei cui poteri molti, con volti obliqui e parole spezzate, narravano magnificenze. Lo aveva visto alcune volte sulle banchine del porto e i loro sguardi si erano incrociati, fondendosi per un attimo.
L'uomo incontrò il vecchio alla radice del molo, intento a rappezzare una montagna di reti. Gli spiegò il suo problema. Forse lui conosceva una via di fuga?
Gli occhi di ghiaccio assentirono. Ed una voce, corrosa dal tempo, così gli parlò:
"Quel che tu chiedi ti costerà la tua anima. Sei disposto a cedermela? "
L'uomo esitò. Il prezzo era davvero altissimo. Poi, disse di sì. Senz'anima, pensò, la sua fuga gli sarebbe stata facilitata.
"Per fuggire il messaggio", gli disse il vecchio, "c'è un'unica via: raggiungere altre terre, altre dimensioni. Ti preparerò la strada questa notte. Vedi questo molo? Al calar del buio lo farò prolungare, per te, sino all'altra sponda. Dovrai correre, poiché essa è lontana e va raggiunta prima dell'alba".
Spentosi il giorno, l'uomo salutò per un'ultima volta il suo villaggio e, raggiunta la testata del molo, dove ammiccava una lanterna rossa, proseguì di corsa il suo cammino.
Ignorava come ciò potesse accadere. Una sorta di foschia, traforata ogni tanto da una luna storta e gialla come il cappello di un fungo velenoso, gli si spianava davanti spingendo a lato invisibili ostacoli. Il pensiero di doversi trovare a faccia a faccia con se stesso, nel grande occhio della verità - pensiero privo d'aria, di spazio e di respiro - dava alla sua corsa un impulso feroce. Correre lontano da sé significava fare come quei gabbiani neri che, con gemiti infantili, lo affiancavano a tratti nel cammino. "Oh, essere come loro inesistenti e fatui!" pensava l'uomo, piangendo forse di rabbia, di stanchezza o di rimorso: "Oppure con un'ala sola, come sono sempre stati i miei pensieri!".
Il molo pareva non avesse fine, la corsa termine, la notte aurora. Invece ecco, al primo margine dell'alba, comparire ad un tratto un lume.
E dietro al lume, alla fine della corsa, il suo villaggio, che lo guardava come se non lo avesse mai visto.
Di fronte a sé l'uomo vide a pochi passi, come in attesa, una figura inquietante e famigliare. Si avvicinò e la riconobbe.
Era lui stesso: vuoto e senz'anima.
Perché sempre, in fondo a ogni fuga, troviamo ciò che abbiamo fuggito. E sempre, nella fuga, perdiamo l'essenza di noi stessi.

alabianca 04-11-12 15:38

Riferimento: arciere
 
Un giovane uomo di nome Sin-tang, avendo scoperto che vicino al suo villaggio c’era dell’ottima argilla, decise di fare il vasaio. Non scelse quest’arte perché nel villaggio non c’erano vasai, né per denaro o per ambizione, ma unicamente per il piacere che provava nel modellare la creta. Il suo lavoro gli dava una gioia intensa e di questa gioia i suoi vasi avevano il riflesso. Anche se le sue mani non erano particolarmente abili e il tornio che si era fabbricato era piuttosto rozzo, chi acquistava i manufatti di Sin-tang partecipava del diletto con cui erano stati fatti. Essi trasmettevano un senso di serenità e appagamento.
Un giorno giunse al villaggio un altro giovane uomo, che era stato a bottega da un celebre ceramista della capitale. Si chiamava Wun-ti. Oltre all’arte manuale, Wun-ti aveva appreso alcuni princìpi che nella grande metropoli erano fondamentali, e che Sin-tang ignorava del tutto: l’ambizione è la radice del successo, il successo è il sigillo della riuscita, la riuscita nasce dalla competizione.
Non appena vide i modesti lavori di Sin-tang, Wun-ti capì che fare concorrenza al rivale gli sarebbe stato facilissimo. Aprì anch’egli una bottega di vasaio e, in breve tempo, grazie alla sua tecnica raffrnata, ai suoi torni perfezionati ed ai princìpi appresi, la dovette ampliare; i suoi prodotti, con il marchio del suo nome, erano venduti e apprezzati lungo tutte le rive dello Yang-tse.
Quanto a Sin-tang, messo con le s***** al muro, non se la prese più di tanto. Qualche raro vaso gli era ancora richiesto dagli abitanti del villaggio e poiché egli non pensava al domani o perché, secondo lui, tale pensiero è sempre fonte di preoccupazioni e mai di gioie si rallegrava di poter fare ogni giorno il suo lavoro con intenso piacere, anche se i suoi vasi si accumulavano a dismisura nel suo magazzino.
Il fatto che il vasaio del villaggio continuasse a sopravvivere infastidiva però Wun-ti, che un giorno gli fece questa proposta: gli avrebbe acquistato lui tutto il suo magazzino purché smettesse di fabbricare vasi.
"I cocci del mio magazzino, te li regalo", rispose Sin-tang: "Quanto a smettere di fare il vasaio, mi chiedi una cosa impossibile. Una promessa però posso farti, se ti aggrada: pur continuando a far vasi, non ne venderò nemmeno uno".
Era quanto voleva il concorrente, che mise sul mercato i cocci del piccolo vasaio ed una pietra su ogni possibile sorpresa del domani.
La sorpresa però arrivò egualmente, e in una forma che Wun-ti non si sarebbe mai aspettato: nei panni di un messo dell’Imperatore. "Il Grande Sole del nostro Impero", gli disse costui, "ha notato, tra i tuoi vasi che sono pervenuti nella capitale, tre ciotole senza sigla; gli sono talmente piaciute che ti ordina di fargliene un servizio intero, di 650 pezzi, e nel più breve tempo possibile".
Wun-ti si sentì mancare la terra sotto i piedi.
Com’era possibile che quei modesti vasi, sicuramente opera di Sin-tang, fossero piaciuti all’Imperatore più dei suoi? E come avrebbe fatto, adesso, a obbedire all’ordine del Grande Sole dell’Impero? Corse dal piccolo vasaio. "Spiegami il tuo segreto", lo supplicò. "In cambio, ti darò qualunque cosa tu mi chieda".
"Come posso darti il mio segreto se neppure io lo conosco?", gli rispose Sin-tang "L’unica cosa che ti posso dire è che provo un intenso piacere nel manipolare la creta. Forse un po’ di questo piacere va a finire nei miei vasi e vi rimane, mescolato alla materia. L’Imperatore si è dilettato del mio piacere: tutto qui".
Wun-ti capì che né la sua arte raffinata, né la sua ambizione, né il suo successo potevano competere con un segreto così poco segreto e, per giunta, inimitabile.
Chiese allora al piccolo vasaio di modellare lui le 650 ciotole richiestegli, nel poco tempo a disposizione. "Mi è impossibile", rispose questi. "Anche se lo volessi, al piacere non si comanda. La fretta e l’affanno sono nemiche della gioia".
Wun-ti, allora, con la morte nel cuore, si recò a Corte e confessò tutto al Sovrano. Questi, che era davvero un Grande Sole, comprese; invitò presso di sé Sin-tang, ne apprezzò l’animo e gli argomenti e lo pregò di lavorare per lui impiegando il tempo necessano.
Nel giro di due anni tutte le stoviglie gli furono consegnate. Non una era eguale all’altra. Ci si mangiava dentro con un gusto speciale. E anche solo a guardarle, era un piacere. Furono chiamate "Le stoviglie del diletto" e conservate con grande cura; nonostante ciò andarono quasi tutte distrutte nei turbini di guerre, terremoti ed incendi.
Oggi, alle grandi aste, le ceramiche di Wun-ti raggiungono quotazioni altissime.
Quelle di Sin-tang non hanno prezzo; coloro che ne posseggono una non la cederebbero per nessun motivo al mondo, tanto è raro avere un oggetto che ti sorride ogni giorno con amabilità e simpatia

alabianca 04-11-12 15:46

Riferimento: arciere
 
Un uomo aveva sempre il cielo dell'anima coperto di nere nubi. Era incapace di credere alla bontà, all'amore, alla solidarietà, ma soprattutto non credeva alla bontà e all'amore di Dio.
Un giorno, mentre era sulle colline che attorniavano il suo villaggio, sempre tormentato dai suoi scuri dubbi, incontrò un pastore. Il pastore era un brav'uomo, dagli occhi limpidi. Si accorse che lo sconosciuto aveva l'aria particolarmente disperata e gli chiese:
"Che cosa ti turba tanto amico ?". "Mi sento immensamente solo", rispose l'uomo.
"Anch'io sono solo, eppure non sono triste", disse il pastore. "Forse perché Dio ti fa compagnia?", chiese.
"Hai indovinato !" rispose.
"Io invece non ho la compagnia di Dio. Non riesco a credere al suo amore. Com'è possibile che ami gli uomini, uno per uno ? Com'è possibile che ami me?"
"Vedi laggiù il nostro villaggio?" gli chiese il pastore. "Vedi anche le case e le finestre di ogni casa?"
"Vedo tutto questo", rispose.
"Allora non devi disperare. Il sole è uno solo, ma ogni finestra della città, anche la più piccola, la più nascosta, ogni giorno viene baciata dal sole, nell'arco della giornata".

alabianca 04-11-12 15:50

Riferimento: arciere
 
Nel Nord Africa, un missionario fu sorpreso dal curioso comportamento di un beduino.
Ogni tanto l'uomo si stendeva per terra, lungo e disteso sul terreno, e premeva l'orecchio contro la sabbia del deserto.
Meravigliato, il missionario gli chiese: "Che cosa fai?".
Il beduino si rialzò e rispose: "Amico, ascolto il deserto che piange. Piange perchè vorrebbe essere un giardino".

Come vuoi che io parli di Lui?
Non posso esprimerlo a parole.
Devo viverlo e basta.
Vorrei gridarlo, vorrei sbatterlo in faccia a tutti.
Per la strada, nel metrò, l'indifferenze, il disprezzo, la collera che mi assale, vorrei distruggerli per sempre.
Se questo è il volto di Dio, io sono pagana.
Ma so che egli esiste nel mondo di uomini e donne che vivino semplivemente la vita
e sanno, nel sorriso e nello sguardo, di poter accendere una stella nel cuore di un bimbo, di un povero, di un vecchio.
Tutte queste stelle disperse, sparpagliate per il mondo, finiranno un giorno per abbracciare l'universo.
Nel fuoco di amore e di gioia brillerà il volto di Dio, per grazia di alcuni.
In loro io ho fiducia, voglio cercare di seguirli.
In loro io credo.
E il deserto fiorirà.

alabianca 04-11-12 15:53

Riferimento: arciere
 
C'era una volta un eremita così perfetto che aveva già un piede in Paradiso.
Viveva di quasi niente in una grotta scavata nei fianchi di una montagna verde dove raccoglieva frutti selvatici, bacche e qualche radice per il pranzo della domenica.
"Come posso tentarlo?", si chiedeva continuamente il diavolo.
Lo spiava, fiutava le sue impronte, lo esaminava dalla testa ai piedi per trovare il minimo punto debole. Niente. Pestava i piedi, si arrabbiava, imprecava. Finché decise di passare all'attacco diretto.
Si presentò all'eremita, che stava rammollendo un pezzo di pane raffermo nell'acqua della sorgente.
"Salve", gli disse Satana. "Sai chi sono io?".
"Il diavolo", rispose tranquillamente l'eremita.
"Dio mi ha dato il pennesso di tentarti. Vorrei che tu commettessi un peccato grave".
"Parla", disse l'eremita. "Ti ascolto".
"Assassina qualcuno".
"No. E fuori discussione".
"Allora assai una donna".
"E' una cosa bestiale e disgustosa. Non lo farò mai. Vattene, diavolo. Non hai fantasia".
"Almeno bevi un sorso di vino. Non è neanche un peccato. Accontentami".
L'eremita sospirò: "Va bene. Un sorso non è nulla di male".
Immediatamente gli comparve tra le mani una brocca di vino fresco e frizzante. Ne bevve un sorso. Prese fiato e ne bevve un altro.
"Uhm", disse. "E' gradevole". Bevve un altro lungo sorso e disse: "E' forte... E' diabolico!".
Cominciò a ridere stupidamente. Poi riprese a bere, malfermo sulle ginocchia.
Una ragazzina saliva per il sentiero.
"Buongiorno sant'uomo", disse. "Ti ho portato qualche mela e del pane".
Ululando, con gli occhi annebbiati, l'eremita afferrò la ragazzina per i capelli e la sbatté a terra. La poverina urlò con tutte le sue forze. Suo padre, che lavorava nei campi, la udì e accorse. L'eremita vedendo arrivare l'uomo afferrò una grossa pietra e lo colpì con tulle le sue forze.
Quando ritornò in sé, l'eremita vide l'uomo che giaceva ai suoi piedi in un lago di sangue.
"Credo che sia morto", disse Satana, con aria virtuosa. Raccolse un fiore e se lo mise in bocca.
L'eremita si gettò in ginocchio inorridito: "Signore Dio, che cosa ho fatto?".
Il diavolo rispose: "Di tre mali hai scelto il minore. Questo ti farà passare lunghe giornate in mia compagnia".
Fischiettando, con le mani in tasca, si avviò. Dopo qualche passo si fermò, si voltò e come chiamasse un vecchio compagno di strada, disse:
"Allora, eremita, vieni?".

Non esistono mali minori...

marilu 04-11-12 15:55

Riferimento: arciere
 
molto belle

alabianca 04-11-12 16:01

Riferimento: arciere
 
In un deserto aspro e roccioso vivevano due eremiti. Avevano trovato due grotte che si spalancavano vicine, una di fronte all'altra.
Dopo anni di preghiere e feroci mortificazioni, uno dei due eremiti era convinto di essere arrivato alla perfezione.
L'altro era un uomo altrettanto pio, ma anche buono e indulgente. Si fermava a conversare con i rari pellegrini, confortava e ospitava coloro che si erano persi e coloro che fuggivano.
"Tutto tempo sottratto alla meditazione e alla preghiera" pensava il primo eremita. Che disapprovava le frequenti, anche se minuscole, mancanze dell'altro.
Per fargli capire in modo visibile quanto fosse ancora lontano dalla santità, decise di posare una pietra all'imboccatura della propria grotta ogni volta che l'altro commetteva una colpa.
Dopo qualche mese davanti alla grotta c'era un muro di pietre grigio e soffocante. E lui era murato dentro.

Talvolta intorno al cuore costruiamo dei muri, con le piccole pietre quotidiane dei risentimenti, le ripicche, i silenzi, le questioni irrisolte, le imbronciature.
Il nostro compito più importante è impedire che si formino muri intorno al nostro cuore. E soprattutto cercare di non diventare "una pietra in più nei muri degli altri".

alabianca 04-11-12 16:03

Riferimento: arciere
 
Il maestro divenne leggendario mentr'era ancora in vita.
Raccontavano che Dio una volta avesse cercato il suo consiglio:
"Voglio giocare a nascondino con l'umanità.
Ho chiesto ai miei angeli quale sia il posto migliore per nascondersi.
Alcuni dicono la profondità dell'oceano.
Altri la vetta della montagna più alta.
Altri ancora la faccia nascosta della luna o una stella lontana.
Tu cosa mi consigli?".
Rispose il maestro: "Nasconditi nel cuore umano.
È l'ultimo posto a cui penseranno!".

marilu 04-11-12 16:11

Riferimento: arciere
 
brava Aurora

alabianca 04-11-12 16:13

Riferimento: arciere
 
Ogni giorno, un contadino portava l'acqua dalla sorgente al villaggio in due grosse anfore che legava sulla groppa dell'asino, che gli trotterellava accanto.
Una delle anfore, vecchia e piena di fessure, durante il viaggio, perdeva acqua.
L'altra, nuova e perfetta, conservava tutto il contenuto senza perderne neppure una goccia.
L'anfora vecchia e screpolata si sentiva umiliata e inutile, tanto più che l'anfora nuova non perdeva l'occasione di far notare la sua perfezione: "Non perdo neanche una stilla d'acqua, io!".
Un mattino, la vecchia anfora si confidò con il padrone: "Lo sai, sono cosciente dei miei limiti. Sprechi tempo, fatica e soldi per colpa mia. Quando arriviamo al villaggio io sono mezza vuota. Perdona la mia debolezza e le mie ferite".
li giorno dopo, durante il viaggio, il padrone si rivolse all'anfora screpolata e le disse: "Guarda il bordo della strada".
"E' bellissimo, pieno di fiori".
"Solo grazie a te", disse il padrone. "Sei tu che ogni giorno innaffi il bordo della strada. Io ho comprato un pacchetto di semi di fiori e li ho seminati lungo la strada, e senza saperlo e senza volerlo, tu li innaffi ogni giorno..."

Siamo tutti pieni di ferite e screpolature, ma se lo vogliamo, Dio sa fare meraviglie con le nostre ímperfezioni.

Ho fatto tanti sogni che non si sono mai avverati. Li ho visti svanire all'alba. Ma quel poco che grazie a Dio si è attuato, mi fa venire voglia di sognare ancora.
Ho formulato tante preghiere senza ricevere risposta, pur avendo atteso a lungo e con pazienza, ma quelle poche che sono state esaudite mi fanno venire voglia di pregare ancora.
Mi sono fidato di tanti amici che mi hanno abbandonato e mi hanno lasciato a piangere da solo, ma quei pochi che mi sono stati fedeli mi fanno venire voglia di avere ancora fiducia.
Ho sparso tanti semi che sono caduti per la strada e sono stati mangiati dagli uccelli, ma i pochi covoni dorati che ho portato fra le braccia, mi fanno venire voglia di seminare ancora.

alabianca 04-11-12 16:37

Riferimento: arciere
 
Un giorno, il Gran Maestro radunò tutti gli allievi per eleggere il suo assistente.
"Vi sottopongo un problema" disse il Maestro. "Chi lo risolverà sarà il mio braccio destro".
Detto questo, sistemò un tavolino al centro della sala e sul tavolino pose un preziosissimo vaso di porcellana decorata da finissime rose d'oro.
"Questo è il problema. Risolvetelo".
I discepoli contemplarono perplessi il "problema".
Era un vaso di porcellana inimitabile: ne ammiravano i disegni rari, la freschezza e l'eleganza delle rose.
"Cosa rappresentava? Qual'era l'enigma? Che cosa si doveva fare?" si chiedevano.
Il tempo passava e nessuno osava fare nulla, salvo contemplare il "problema".
Ad un certo punto, uno dei discepoli si alzò, guardò il Maestro e i compagni, poi si incamminò risolutamente verso il vaso e lo scaraventò a terra, mandandolo in frantumi.
"Finalmente qualcuno lo ha fatto!" esclamò il Gran Maestro. "Cominciavo a dubitare della formazione che vi avevo dato in tutti questi anni!".
Poi si rivolse al giovane: "Sarai tu il mio assistente".
Mentre il giovane tornava al suo posto, il Maestro spiegò: "Io sono stato chiaro. Vi ho detto che questo era un problema. Non importa quanto possa essere bello e affascinante, un problema deve essere eliminato".

C'è un modo solo per risolvere un problema: affrontarlo.

alabianca 04-11-12 17:34

Riferimento: arciere
 
Nel prato di un giardino pubblico, con il tiepido sole della primavera, in mezzo all'erba tenera, erano spuntate le foglie dentellate e robuste dei Denti di Leone. Uno di questi esibì un magnifico fiore giallo, innocente, dorato e sereno come un tramonto di maggio. Dopo un po' di tempo il fiore divenne un "soffione": una sfera leggera, ricamata dalle coroncine di piumette attaccate ai semini che se ne stavano stretti stretti al centro del soffione.
E quante congetture facevano i piccoli semi. Quanti sogni cullava la brezza alla sera, quando i primi timidi grilli intonavano la loro serenata.
"Dove andremo a germogliare?".
"Chissà?".
"Solo il vento lo sa".
Un mattino il soffione fu afferrato dalle dita invisibili e forti del vento. I semi partirono attaccati al loro piccolo paracadute e volarono via, ghermiti dalla corrente d'aria.
"Addio.., addio", si salutavano i piccoli semi.
Mentre la maggioranza atterrava nella buona terra degli orti e dei prati, uno, il più piccolo di tutti, fece un volo molto breve e finì in una screpolatura del cemento di un marciapiede. C'era un pizzico di polvere depositato dal vento e dalla pioggia, così meschino in confronto alla buona terra grassa del prato.
"Ma è tutta mia!", si disse il semino. Senza pensarci due volte, si rannicchiò ben bene e cominciò subito a lavorare di radici.
Davanti alla screpolatura nel cemento c'era una panchina sbilenca e scarabocchiata. Proprio su quella panchina si sedeva spesso un giovane. Era un giovane dall'aria tormentata e lo sguardo inquieto. Nubi nere gli pesavano sul cuore e le sue mani erano sempre strette a pugno.
Quando vide due foglioline dentate verde tenero che si aprivano la strada nel cemento. Rise amaramente: "Non ce la farai! Sei come me!", e con un piede le calpestò.
Ma il giorno dopo vide che le foglie si erano rialzate ed erano diventate quattro.
Da quel momento non riuscì più a distogliere gli occhi dalla testarda coraggiosa pianticella. Dopo qualche giorno spuntò il fiore, giallo brillante, come un grido di felicità.
Per la prima volta dopo tanto tempo il giovane avvilito sentì che il risentimento e l'amarezza che gli pesavano sul cuore cominciavano a sciogliersi. Rialzò la testa e respirò a pieni polmoni. Diede un gran pugno sullo schienale della panchina e gridò: "Ma certo! Ce la possiamo fare!".
Aveva voglia di piangere e di ridere. Sfiorò con le dita la testolina gialla del fiore.
Le piante sentono l'amore e la bontà degli esseri umani. Per il piccolo e coraggioso Dente di Leone la carezza del giovane fu la cosa più bella della vita.

Non chiedere al Vento perché ti ha portato dove sei. Anche se sei soffocato dal cemento, lavora di radici e vivi. Tu sei un messaggio.
Anche queste piccole storie sono semi portati dal Vento. Dove atterreranno e che cosa faranno solo il Vento lo sa.

alabianca 04-11-12 18:09

Riferimento: arciere
 
Questa lettera fu trovata dall'infermiera dell'ospedale sotto il cuscino di un giovane appena deceduto.
"Cara mamma, da alcuni giorni riesco a stare seduto sul letto solo per mezz'ora e per il resto della giornata sono immobilizzato. Il cuore non vuole più battere. Stamattina presto il professore ha detto qualcosa che suonava come 'essere pronto'. Per che cosa? Certo è difficile morire giovani! Devo essere pronto al fatto che all'inizio della settimana sarò un trapassato: e non sono pronto. I dolori scavano in modo quasi insopportabile, ma ciò che mi sembra davvero insopportabile è che non sono pronto.
La cosa peggiore è che, quando guardo il cielo, è buio. Diventa notte, ma non brilla sopra di me nessuna stella nella quale io possa immergere lo sguardo. Mamma, non ho mai pensato a Dio, ma ora sento che esiste ancora qualcosa che non conosciamo, qualcosa di misterioso, un potere nelle cui mani cadiamo, al quale dobbiamo dare delle risposte. E la mia pena è che non so chi è.
Se solo lo conoscessi! Mamma, ricordi come tu, con noi bambini, camminavi nel bosco, nell'oscurità che stava calando, incontro al papà che tornava dal lavoro?
A volte ti correvamo davanti e ci vedevamo improvvisamente soli. Avanzavano dei passi nell'oscuritá: che paura dei passi sconosciuti! Che gioia quando riconoscevamo che quel passo era quello del papà che ci amava. E ora, nella solitudine, sento ancora dei passi che non conosco. Perche non li conosco?
Mi hai detto come mi devo vestìre e come mi devo comportare nella vita, come mangiare, come cavarmela. Ti sei occupata di me e non ti sei stancata di tutta questa preoccupazione.
Rìcordo che tu, la notte di Natale, andavi a Messa con i tuoi bambÌni. Mi ricordo anche della preghiera della sera che qualche volta mi suggerivi. Ci hai sempre indirizzati all'onestà. Ma tutto questo ora per me si scioglie come neve al sole. Perché ci hai parlato di tante cose e non ci hai detto nulla di Gesù Cristo? Perché non mi hai fatto conoscere il suono dei suoi passi, in modo che fossi in grado di accorgermi se è lui che viene da me in quest'ultima notte e nella solitudine della morte? In modo che io sapessi se quello che mi aspetta è un Padre! Come potrei morire in modo diverso...".

"Caro Dio, perché non hai salvato la piccola bambina uccisa nella sua classe?
Distinti saluti, uno studente preoccupato...".
La risposta: "Caro Studente Preoccupato, nelle scuole non mi è permesso entrare. Distinti saluti, Dio".

"Vietato l'ingresso ai cani e a Dio" è il cartello più diffuso oggi.

alabianca 04-11-12 18:28

Riferimento: arciere
 
Un uomo benestante e suo figlio, amavano collezionare rare opere d'arte, possedevano di tutto nella loro collezione, da Picasso a Raffaello. Spesso si sedevano insieme ad ammirare le grandi opere possedute, finché arrivò la guerra del Vietnam ed il figlio dovette partire.
Fu un soldato molto coraggioso e morì in battaglia mentre salvava uno dei suoi compagni.
Il padre fu informato della sua morte, ed una profonda tristezza lo colse, poiché era il suo unico figlio.
Circa un mese più tardi,qualcuno bussò alla porta... un giovane uomo era in piedi all'entrata con un grande pacco tra le mani.
Disse:"Signore, voi non mi conoscete, ma io sono il soldato per cui vostro figlio ha dato la vita; quel giorno ne salvò molti altri e fù mentre mi portava al sicuro che una pallottola lo colpì e morì. Spesso mi parlava di voi, e del vostro comune amore per l'arte."
Il giovane uomo mostrò il pacco: "So che non è molto,non sono un grande artista, ma penso che vostro figlio avrebbe voluto averlo".
Il padre aprì il pacco, era il ritratto di suo figlio, fatto dal ragazzo. In particolare l'uomo fu colpito dal modo in cui il ragazzo era riuscito a catturare la personalità di suo figlio nel dipinto. Il padre fu attirato dagli occhi, tanto che i suoi si riempirono di lacrime.
Ringraziò il giovane e si offerse di pagare il quadro.
"Oh, no signore, non potrò mai ripagare quello che vostro figlio ha fatto per me. Questo è un dono.".
L'anziano signore abbracciò il ritratto.
Ogni volta che i visitatori venivano a casa sua egli li portava a vedere il quadro di suo figlio, prima di mostrare loro qualsiasi altra opera d'arte della sua collezione. L'uomo morì pochi mesi più tardi. Ci fu una grande asta per i suoi dipinti.
Molte persone influenti vennero, eccitate di vedere i grandi quadri ed avere l'opportunità di possederne qualcuno per le loro collezioni.
Sulla piattaforma fu messo il ritratto del figlio.
Il banditore batté il martelletto: "Cominceremo le offerte con questo dipinto del figlio. Chi offre per questo quadro?" Ci fu silenzio. Poi qualcuno dal fondo della sala gridò: "Vogliamo vedere i famosi dipinti! Quello saltalo!".
Ma il banditore insistette: "C'è qualcun altro che vorrebbe offrire per questo dipinto? Chi comincerà le offerte? 100 ? 200?".
Un'altra voce gridò piena d'ira: "Noi non siamo venuti qui per vedere questo quadro, siamo venuti per vedere i Van Gogh, i Rembrandts. Vai avanti con le vere offerte!".
Ma il banditore ancora continuò: "Il figlio! Il figlio! Chi prenderà il figlio?".
Finalmente una voce venne dalla parte più lontana della sala era il vecchio giardiniere che da sempre aveva lavorato con l'uomo e suo figlio.
"Io offro 10 dollari per il quadro". Essendo povero era tutto ciò che poteva offrire.
"Abbiamo 10 dollari, chi ne offre 20?". Disse il banditore.
"Datelo a lui per 10 dollari e vediamo gli altri capolavori.".
"10 dollari ,venduto nessuno vuole offrirne 20?".
La folla divenne veramente arrabbiata, non volevano il ritratto del figlio, volevano i più validi investimenti per le loro collezioni. Il banditore batté il suo martelletto: "E Uno e due e tre... Venduto per 10 dollari!".
Un uomo seduto nelle seconda fila gridò: "Ah! Adesso proseguiamo con il resto della collezione!".
Il banditore poggiò il martelletto: "Mi spiace, l'asta è finita."
"E cosa ne è del resto dei quadri?" rispose un altro.
"Mi dispiace, quando fui chiamato per condurre l'asta mi fu parlato di una stipulazione segreta, riguardante il testamento e non mi è stato permesso di rivelarla fino a quel momento. Solo il dipinto del figlio sarebbe stato messo all'asta; chiunque l'avesse comprato avrebbe ereditato tutto il patrimonio, incluso i dipinti. L'uomo che ha preso il figlio ha preso tutto!"

alabianca 04-11-12 18:57

Riferimento: arciere
 
Dopo aver vissuto una vita "decente", il mio tempo sulla terra giunse alla fine.
La prima cosa che ricordo è che stavo seduto su una sedia nella sala d'aspetto di ciò che pensai fosse un'aula di tribunale. Le porte si aprirono e mi comandarono di entrare e di prendere posto al tavolo della difesa. Mentre mi guardavo attorno, vidi l'accusatore, era un malvagio dall'aspetto angelico, il quale ringhiava mentre mi fissava. Sinceramente era la persona più malvagia che avessi mai visto. Mi sedetti e guardai alla mia sinistra, lì c'era il mio avvocato, una persona dall'aspetto gentile e amorevole, mi era molto familiare.
La porta all'angolo si aprì e apparve il giudice, vestito di una tunica lunga, il quale emanava una meravigliosa presenza, mentre camminava verso il suo posto, tanto che non potevo fare a meno di guardarlo.
Quindi disse: "Cominciamo".
L'accusatore cominciò e disse: "Il mio nome è Satana e sono qui per mostrarvi perché quest'uomo appartiene all'inferno". Continuò mettendo in luce le bugie che dissi, le cose che rubai e quando nel passato tradii il prossimo e altre terribili perversioni, che sono state parte della mia vita e, più lui parlava più mi sentivo sprofondare giù. Ero così imbarazzato che non riuscivo a guardare nessuno, nemmeno il mio avvocato.
Il diavolo parlava di peccati che avevo completamente dimenticato; ero talmente sconvolto all'udire tutte queste cose che Satana stava dicendo, ma lo ero anche perché il mio avvocato stava seduto in silenzio, senza offrire nessuna forma di difesa.
Sapevo di essere colpevole di quelle cose, ma avevo fatto anche delle cose buone durante la mia vita, non avrebbero potuto esse alla fine riparare i danni che avevo causato?
Satana concluse con forza dicendo: "Quest'uomo appartiene all'inferno, egli è colpevole di tutto ciò che ho appena detto e nessuno può provare il contrario!".
Quando fu il suo turno, il mio avvocato prima di tutto chiese se si poteva avvicinare al giudice e gli fu concesso, nonostante la forte obiezione di Satana, ma il giudice gli disse di farsi avanti. Quando si alzò e cominciò a camminare, sono stato in grado di vederlo nel suo pieno splendore e maestà.
Capii perché mi sembrava così familiare. Gesù era il mio Avvocato, il mio Signore, il mio Salvatore.
Egli si fermò davanti al giudice e dolcemente gli disse: "Ciao padre!".
Quindi si rivolse alla corte: "Satana ha detto bene dicendo che quest'uomo ha peccato, non negherò nulla di ciò che ha detto, ed è vero che la pena per il peccato è la morte e quest'uomo merita di essere punito". Gesù fece un profondo respiro e si rivolse al padre suo con le braccia aperte dicendo: "In ogni modo sono morto sulla croce così che questa persona potesse ottenere la vita eterna e lui mi accettò come suo Salvatore, così che lui è mio!".
Il mio Signore continuò dicendo: "Il suo nome è scritto nel libro della vita e nessuno può strapparmelo. Satana ancora non l'ha capito del tutto".
"Quest'uomo non deve essere consegnato alla giustizia ma alla misericordia".
Quindi Gesù riprese il suo posto e tranquillamente fece una pausa guardando suo Padre, poi continuò: "Non c'è altro che è necessario fare. Ho già fatto ogni cosa".
Il Giudice alzò le Sue potenti mani e diede la sentenza.
Le seguenti parole uscirono dalle Sue labbra: "Quest'uomo è libero. La pena per lui è stata pagata in pieno, il caso è chiuso!".
Mentre il mio Signore mi guidava fuori, potei sentire Satana infuriato gridare: "Non mi scoraggio, vincerò sul prossimo!".
Quindi rivolgendomi a Gesù con gratitudine gli chiesi: "Hai mai perso una causa?".
Cristo mi sorrise amorevolmente e mi rispose: "Tutti coloro che vengono a me e mi chiedono di rappresentarli, ricevono lo stesso verdetto: "Pagato in pieno".

alabianca 04-11-12 18:58

Riferimento: arciere
 
In un caldo giorno d'estate nel sud della Florida, un bambino decise di andare a nuotare nella laguna dietro casa sua. Uscì dalla porta posteriore correndo e si gettò in acqua nuotando felice. Sua madre lo guardava dalla casa attraverso la finestra e vide con orrore quello che stava succedendo. Corse subito verso suo figlio gridando più forte che poteva. Sentendola il bambino si allarmò e nuotò verso sua madre, ma era ormai troppo tardi. La mamma afferrò il bambino per le braccia, proprio quando il caimano gli afferrava le gambe. La donna tirava determinata, con tutta la forza del suo cuore. Il coccodrillo era più forte, ma la mamma era molto più determinata e il suo amore non l'abbandonava.
Un uomo sentì le grida, si precipitò sul posto con una pistola e uccise il coccodrillo. Il bimbo si salvò e, anche se le sue gambe erano ferite gravemente, poté di nuovo camminare.
Quando uscì dal trauma, un giornalista domandò al bambino se voleva mostrargli le cicatrici sulle sue gambe. Il bimbo sollevò la coperta e gliele fece vedere. Poi, con grande orgoglio si rimboccò le maniche e disse: "Ma quelle che deve vedere sono queste!".
Erano i segni delle unghie di sua madre che l'avevano stretto con forza.
"Le ho perché la mamma non mi ha lasciato e mi ha salvato la vita".

Anche noi abbiamo cicatrici di un passato doloroso. Alcune sono causate dai nostri peccati, ma alcune sono le impronte di Dio quando ci ha sostenuto con forza per non farci cadere fra gli artigli del male.
Ricorda che se qualche volta la tua anima ha sofferto... è perché Dio ti ha afferrato troppo forte affinché non cadessi!

alabianca 04-11-12 19:00

Riferimento: arciere
 
Una toccante testimonianza di Raoul Follereau.
Si trovava in un lebbrosario in un'isola del Pacifico. Un incubo di orrore. Solo cadaveri ambulanti, disperazione, rabbia, piaghe e mutilazioni orrende.
Eppure, in mezzo a tanta devastazione, un anziano malato conservava occhi sorprendentemente luminosi e sorridenti. Soffriva nel corpo, come i suoi infelici compagni, ma dimostrava attaccamento alla vita, non disperazione, e dolcezza nel trattare gli altri.
Incuriosito da Quel vero miracolo di vita, nell'inferno del lebbrosario, Follereau volle cercarne la spiegazione: che cosa mai poteva dare tanta forza di vivere a quel vecchio così colpito dal male?
Lo pedinò, discretamente. Scoprì che, immancabilmente, allo spuntar dell'alba, il vecchietto si trascinava al recinto che circondava il lebbrosario, e raggiungeva un posto ben preciso.
Si metteva a sedere e aspettava.
Non era il sorgere del sole che aspettava. Né lo spettacolo dell'aurora del Pacifico.
Aspettava fino a quando, dall'altra parte del recinto, spuntava una donna, anziana anche lei, con il volto coperto di rughe finissime, gli occhi pieni di dolcezza.
La donna non parlava. Lanciava solo un messaggio silenzioso e discreto: un sorriso. Ma l'uomo si illuminava a quel sorriso e rispondeva con un altro sorriso.
Il muto colloquio durava pochi istanti, poi il vecchietto si rialzava e trotterellava verso le baracche. Tutte le mattine. Una specie di comunione quotidiana. Il lebbroso, alimentato e fortificato da quel sorriso, poteva sopportare una nuova giornata e resistere fino al nuovo appuntamento con il sorriso di quel volto femminile.
Quando Follereau glielo chiese, il lebbroso gli disse:
"E' mia moglie!". E dopo un attimo di silenzio: "Prima che venissi qui, mi ha curato in segreto, con tutto ciò che riusciva a trovare. Uno stregone le aveva dato una pomata. Lei tutti i giorni me ne spalmava la faccia, salvo una piccola parte, sufficiente per apporvi le sue labbra per un bacio... Ma tutto è stato inutile. Allora mi hanno preso, mi hanno portato qui. Ma lei mi ha seguito. E quando ogni giorno la rivedo, solo da lei so che sono ancora vivo, solo per lei mi piace ancora vivere".

Certamente qualcuno ti ha sorriso stamattina, anche se tu non te ne sei accorto. Certamente qualcuno aspetta il tuo sorriso, oggi.
Se entri in una chiesa e spalanchi la tua anima al silenzio, ti accorgerai che Dio, per primo, ti accoglie con un sorriso.

alabianca 04-11-12 19:02

Riferimento: arciere
 
"Mamma, guarda!" esclamò Marta, la bambina di sette anni.
"Già, già!" mormorò nervosamente la donna mentre guidava e pensava alle tante cose che l'attendevano a casa.
Poi seguirono la cena, la televisione, il bagnetto, varie telefonate e arrivò anche l'ora di andare a dormire.
"Forza Marta, è ora di andare a letto!". E lei si avviò di corsa su per le scale. Stanca morta, la mamma le diede un bacio, recitò le preghiere con lei e le aggiustò le coperte.
"Mamma, ho dimenticato di darti una cosa!".
"Me la darai domattina" rispose la mamma, ma lei scosse la testa.
"Ma poi domattina non avrai tempo!" esclamò Marta.
"Lo troverò, non preoccuparti!" disse la mamma, un po' sulla difensiva. "Buona notte!" aggiunse e chiuse la porta con decisione. Però non riusciva a togliersi dalla mente gli occhioni delusi di Marta.
Tornò nella stanza della bambina, cercando di non fare rumore. Riuscì a vedere che stringeva in una mano dei pezzetti di carta.
Si avvicinò e piano piano aprì la manina di Marta. La bambina aveva stracciato in mille pezzi un grande cuore rosso con una poesia scritta da lei che si intitolava "Perché voglio bene alla mia mamma". Facendo molta attenzione recuperò tutti i pezzetti e cercò di ricostruire il foglio.
Una volta ricostruito il puzzle riuscì a leggere quello che aveva scritto Marta: "Perché voglio bene alla mia mamma. Anche se lavori tanto e hai mille cose da fare trovi sempre un po' di tempo per giocare. Ti voglio bene mamma perché sono la parte più importante del giorno per te".
Quelle parole le volarono dritto al cuore. Dieci minuti più tardi tornò nella camera della bambina portando un vassoio con due tazze di cioccolata e due fette di torta. Accarezzò teneramente il volto paffuto di Marta.
"Cos'è successo?" chiese la bambina, confusa da quella visita notturna.
"E' per te, perché tu sei la parte più importante della mia giornata!".
La bambina sorrise, bevve metà della cioccolata e si riaddormentò.

Chi è la parte più importante della tua giornata?

alabianca 04-11-12 19:04

Riferimento: arciere
 
Ai piedi di una collina, una piccola casetta era costruita di sale. In questa casetta vivevano un uomo di sale e una donna di zucchero. C'erano dei giorni in cui si amavano e dei giorni in cui si detestavano. Un giorno si misero a litigare furiosamente.
L'uomo prese un grosso bastone di sale e cacciò la donna.
Gridava come un ossesso: "Vattene e fatti una casa di mattoni!".
La donna se ne andò piangendo, ma non troppo, perché le sue guance di zucchero rischiavano di sciogliersi.
Si costruì una casetta di mattoni, poco lontano dalla casetta di sale dell'uomo. Era una casetta di mattoni molto graziosa, con i balconi fioriti e il camino di pietra, ma la donna era triste. Pensava notte e giorno all'uomo di sale.
Un giorno si decise.
Andò alla casetta di sale e bussò alla porta. Domandò all'uomo un po' di sale per la minestra.
Ma l'uomo prese il suo grosso bastone di sale e minacciò la donna: "Vattene immediatamente o sarà peggio per te!".
La donna tornò a casa piangendo, ma non troppo, per non rischiare di sciogliere le sue guance di zucchero.
Il cielo, grande e pietoso, aveva assistito alla scena e si commosse e cominciò a piangere anche lui. Così cominciò a piovere. A piovere a secchiate.
La graziosa casetta di sale cominciò a sciogliersi. In fretta, fretta, l'uomo corse verso la casetta di mattoni. Bussò alla finestra: "Lasciami entrare, ti prego, o questa pioggia mi farà fondere completamente".
"Ah, ah! E' finita la festa" ridacchiò la donna. "Tu mi hai rifiutato un po' di sale, adesso arrangiati!".
Ma l'uomo riuscì a trovare parole così gentili e tenere che la donna s'impietosì e gli aprì la porta.
Si gettarono una nelle braccia dell'altro e si scambiarono un lungo bacio dolce-salato.
Ma siccome l'uomo di sale era bagnato fradicio si trovò incollato alla donna di zucchero. Gli ci volle un bel po' per asciugare e ritrovare la libertà.
Da quel giorno l'uomo di sale ha la bocca di zucchero e la donna di zucchero ha la bocca salata.
E non litigano più.

Sono proprio le differenze che fanno la ricchezza strabiliante dell'amore.

alabianca 04-11-12 19:04

Riferimento: arciere
 
Ai piedi di una collina, una piccola casetta era costruita di sale. In questa casetta vivevano un uomo di sale e una donna di zucchero. C'erano dei giorni in cui si amavano e dei giorni in cui si detestavano. Un giorno si misero a litigare furiosamente.
L'uomo prese un grosso bastone di sale e cacciò la donna.
Gridava come un ossesso: "Vattene e fatti una casa di mattoni!".
La donna se ne andò piangendo, ma non troppo, perché le sue guance di zucchero rischiavano di sciogliersi.
Si costruì una casetta di mattoni, poco lontano dalla casetta di sale dell'uomo. Era una casetta di mattoni molto graziosa, con i balconi fioriti e il camino di pietra, ma la donna era triste. Pensava notte e giorno all'uomo di sale.
Un giorno si decise.
Andò alla casetta di sale e bussò alla porta. Domandò all'uomo un po' di sale per la minestra.
Ma l'uomo prese il suo grosso bastone di sale e minacciò la donna: "Vattene immediatamente o sarà peggio per te!".
La donna tornò a casa piangendo, ma non troppo, per non rischiare di sciogliere le sue guance di zucchero.
Il cielo, grande e pietoso, aveva assistito alla scena e si commosse e cominciò a piangere anche lui. Così cominciò a piovere. A piovere a secchiate.
La graziosa casetta di sale cominciò a sciogliersi. In fretta, fretta, l'uomo corse verso la casetta di mattoni. Bussò alla finestra: "Lasciami entrare, ti prego, o questa pioggia mi farà fondere completamente".
"Ah, ah! E' finita la festa" ridacchiò la donna. "Tu mi hai rifiutato un po' di sale, adesso arrangiati!".
Ma l'uomo riuscì a trovare parole così gentili e tenere che la donna s'impietosì e gli aprì la porta.
Si gettarono una nelle braccia dell'altro e si scambiarono un lungo bacio dolce-salato.
Ma siccome l'uomo di sale era bagnato fradicio si trovò incollato alla donna di zucchero. Gli ci volle un bel po' per asciugare e ritrovare la libertà.
Da quel giorno l'uomo di sale ha la bocca di zucchero e la donna di zucchero ha la bocca salata.
E non litigano più.

Sono proprio le differenze che fanno la ricchezza strabiliante dell'amore.

alabianca 04-11-12 19:06

Riferimento: arciere
 
Una giovane donna lavorava in un piccolo negozio di abbigliamento affacciato su una strada di periferia. Un sabato pomeriggio arrivò una bambina con il suo salvadanaio a forma di porcellino e disse che voleva usare tutti i suoi risparmi per comprare un regalo a sua madre per la festa della Mamma. La commessa la aiutò a far uscire tutte le monete dal salvadanaio e le disse che bastavano per comprare una bella camicetta. Sarebbe piaciuta a sua madre?
"Sì, certo! Una camicetta andrà benissimo", rispose entusiasta la bambina.
"Che taglia ha tua madre?", chiese la commessa.
"Ha una taglia perfetta!" dichiarò la ragazzina.
Così la commessa le vendette una 42.
Il lunedì dopo la festa della Mamma la bambina ritornò al negozio insieme alla madre per cambiare la camicetta: serviva la 50.
Fra l'idea di perfezione dei mondo della moda e quella di una figlia c'era un abisso!
La differenza era un cuore pieno d'amore.

Un bambino fu costretto a portare gli occhiali. Un amico gli chiese: "Non ti sconvolge il pensiero di dover portare gli occhiali?".
"No, se fossero come quelli che porta mia nonna!", rispose l'altro. "Mia madre dice che lei riesce a vedere quando le persone sono stanche o scoraggiate o tristi. Capisce se hai bisogno di aiuto e si accorge subito se c'è qualcosa che ti preoccupa e di cui vorresti parlare. Ma la cosa più bella è che riesce sempre a vedere in ciascuno qualcosa di buono!".
Il piccolino continuò: "Un giorno ho chiesto a mia nonna come faceva a vedere tutte quelle cose e lei mi ha risposto che era successo quando era diventata vecchia. Perciò sono sicuro che deve essere per merito degli occhiali!".

alabianca 04-11-12 19:43

Riferimento: arciere
 
C'era una volta una piccola pozzanghera. Era felice di esistere e si divertiva maliziosamente quando schizzava qualcuno con l'aiuto di un'automobile. Aveva paura solo di una cosa: del sole.
"E' la morte delle pozzanghere" pensava rabbrividendo.
Un poeta che camminava con la testa sognante finì dentro alla pozzanghera con tutti e due i piedi, ma invece di arrabbiarsi fece amicizia con lei.
"Buongiorno" disse, e la pozzanghera rispose: "Buongiorno!".
"Come sei arrivata quaggiù?" chiese il poeta.
Invece di rispondere la pozzanghera raccolse tutte le sue forze e rispecchiò la volta celeste.
Parlarono a lungo del Grande Padre, la pioggia, e del fatto che la pozzanghera aveva tanta paura del sole.
Il buon poeta volle farle passare quella paura. Le parlò dell'incredibile vastità del mare, del guizzare dei pesci e della gioia delle onde. Le raccontò anche che il mare era la patria e la madre di tutte le pozzanghere del mondo e che la vita della terra e del mare era dovuta al sole. Anche la vita delle pozzanghere.
La sera abbracciò il poeta e la pozzanghera ancora assorti nel loro muto dialogo.
Alcuni giorni dopo, il poeta tornò dalla sua umida amica.
La trovò che danzava nell'aria alla calda luce del sole.
La pozzanghera spiegò: "Grazie a te ho capito. Quando il sole mi ha avvolto con la sua tenerezza, non ho più avuto paura. Mi sono lasciata prendere e ora parto sulle rotte delle oche selvatiche che mi indicano la via verso il mare. Arrivederci e non mi dimenticare".

Un pezzo di carbone si sentiva sporco, brutto e inutile. Decise di diventare bianco e levigato. Provò diversi prodotti chimici e varie operazioni chirurgiche. Niente da fare.
"C'è soltanto il fuoco" gli dissero.
Il pezzo di carbone si buttò nel fuoco. Divenne una creatura luminosa, splendente, calda, irradiante, magnifica.
"Ti stai consumando" gli dissero.
"Ma dono luce e calore" rispose il pezzo di carbone, finalmente felice.

Lasciati prendere dal sole e dal fuoco dello Spirito. Splenderai come un astro del cielo sulle rotte dell'infinito.

alabianca 04-11-12 19:46

Riferimento: arciere
 
Un bambino che abitava la pianura era affascinato dalla linea delle montagne che si stagliava lontano all'orizzonte. Azzurrine, leggere, compatte, gli apparivano come un luogo di paradiso. Così diverso dalla terra aspra e grigia dove viveva.
Un giorno, ormai cresciuto, cedette al richiamo dell'orizzonte e decise di raggiungere quel posto incantato. Il viaggio durò a lungo, attraverso pianure e colline.
Stremato, arrivò infine sulla vetta delle montagne, ma dovette constatare con profonda delusione che le montagne non erano più azzurrine ma grigie e caotiche, sassose, aride ed aspre. Proprio come il paese che aveva lasciato.
Ma all'orizzonte, davanti a lui, si delineavano altre montagne, azzurre, violette, alonate di luce dorata. E ripartì.
Gli ci volle molto tempo per raggiungerle. Ma anche là, man mano che si avvicinava, l'azzurro e il viola scomparivano per lasciare spazio al grigio delle rocce e al giallo stopposo dell'erba bruciata. Ma davanti l'orizzonte era azzurro e rosa. E lui si rimetteva in cammino.
Era sempre una delusione: al suo arrivo anche le nuove terre si rivelavano ruvide e brulle.
Un giorno, ormai vecchio, vista vana la sua ricerca, decise di tornare indietro. Ed ecco, tutti i paesi che aveva lasciato erano azzurrini, leggeri, immersi in una incantevole luce dorata.

Il giorno era cominciato male e stava finendo peggio. Come al solito, l'autobus era molto affollato. Mentre venivo sballottata in tutte le direzioni, la tristezza cresceva. Poi sentii una voce profonda provenire dalla parte anteriore dell'autobus: "Bella giornata, non è vero?".
A causa della folla non riuscivo a vedere l'uomo, ma lo sentivo descrivere il paesaggio primaverile, richiamando l'attenzione sulle cose che si avvicinavano: la chiesa, il parco, il cimitero, la caserma dei pompieri. Di lì a poco tutti i passeggeri guardavano fuori dal finestrino. L'entusiasmo era cosi contagioso che mi misi a sorridere per la prima volta nella giornata.
Arrivammo alla mia fermata. Dirigendomi con difficoltà verso la porta, diedi un'occhiata alla nostra guida: una figura grassottella con la barba nera, gli occhiali da sole, con in mano un bastone bianco.
Era cieco!
Scesi dall'autobus e, all'improvviso, tutta la mia tensione era svanita. Dio nella sua saggezza aveva mandato un cieco che mi aiutasse a vedere: a vedere che, sebbene a volte le cose vadano male, quando tutto sembra scuro e triste, il mondo continua ad essere bello. Canticchiando un motivetto salii le scale del mio appartamento. Non vedevo l'ora di salutare mio marito con le parole: "Bella giornata, non è vero?".

alabianca 04-11-12 19:47

Riferimento: arciere
 
Un giovane chiese ad un maestro: "Che cosa devo fare per salvare il mondo?".
Il saggio rispose: "Tutto quello che serve a far sorgere il sole domattina".
"Ma allora, a che cosa servono le mie preghiere e le mie buone azioni, il mio impegno nell'apostolato e nel volontariato?" replicò allarmato il giovane.
Il saggio lo guardò con tranquillità: "Ti servono a essere ben sveglio, quando sorgerà il sole".

Il sole, Cristo, è sorto. Ma noi preferiamo dormire.
"Non c'è davvero niente che possa Fare per raggiungere l'illuminazione?".
"Bè", rispose il maestro allegramente, "potresti imitare quella vecchia che premeva contro la parete del vagone per far correre il treno".

alabianca 04-11-12 19:49

Riferimento: arciere
 
In una notte gelida d'inverno, un lama buddhista trovò sulla soglia della porta un topolino intirizzito e quasi morto di freddo. Il lama raccolse il topolino, lo ristorò e gli chiese di restare a fargli compagnia. Da quel momento la vita del topolino fu piacevole. Ma nonostante questo, la bestiola non aveva l'aria felice. Il lama si preoccupò: "Che hai, piccolo amico?" gli chiese.
"Tu sei molto buono con me. E tutto nella tua casa è molto buono con me. Ma c'è il gatto...".
Il lama sorrise. Non aveva pensato al gatto di casa, un animale troppo saggio e troppo ben pasciuto per degnarsi di dare la caccia ai topi.
Il lama esclamò: "Ma quel bel micione non ti vuole certo male, amico mio! Non farebbe mai male a un topolino! Non hai niente da temere, te lo assicuro".
"Ti credo, ma è più forte di me" piagnucolò il topolino. "Ho tanta paura del gatto. Il tuo potere è grande. Trasformami in gatto! Cosi non avrei più paura di quella bestia orribile".
Il lama scosse la testa. Non gli sembrava una buona idea... Ma il topolino lo supplicava e allora disse: "Sia fatto come desideri, piccolo amico!".
E di colpo il topolino fu trasformato in un grosso gatto.
Quando morì la notte e nacque il giorno, un bel gattone uscì dalla camera del lama. Ma appena vide il gatto di casa, il gatto-topolino corse a rifugiarsi nella camera del lama e si infilò sotto il letto.
"Che ti succede, piccolo amico?" chiese il lama, sorpreso. "Avrai mica ancora paura del gatto?".
Il topolino-gatto si vergognò moltissimo. E implorò: "Ti prego trasformami in un cane, un grosso cane dalle zanne taglienti, che abbaia forte...".
"Dal momento che lo desideri ti accontento e così sia!".
Quando il giorno morì e si accesero le lampade a olio, un grosso cane nero uscì dalla camera del lama. Il cane andò fin sulla soglia della casa e incontrò il gatto di casa che usciva dalla cucina. Il gattone quasi svenne per la paura alla vista del cane. Ma il cane ebbe ancora più paura. Guaì penosamente e corse a rifugiarsi nella camera del lama. Il saggio guardò il povero cane tremante e disse: "Che ti succede? Hai incontrato un altro cane?".
Il cane-topolino si vergognò da morire. E chiese: "Trasformami in una tigre, ti prego, in una grossa terribile tigre!".
Il lama lo accontentò e, il giorno dopo, una enorme tigre dagli occhi feroci uscì dalla camera del lama. La tigre passeggiò per tutta la casa spaventando tutti, poi uscì nel giardino e là incontrò il gatto che usciva dalla cucina. Appena vide la tigre, il gatto fece un balzo terrorizzato, si arrampicò su un albero e poi chiuse gli occhi, dicendo: "Sono un gatto morto!".
Ma la tigre, vedendo il gatto, miagolò lamentosamente e fuggì ancora più veloce del gatto e corse a rifugiarsi in un angolo della stanza del
lama.
"Che bestia spaventosa hai incontrato?" gli chiese il lama.
"Io... io ho paura... del... gatto!" balbettò la tigre, che tremava ancora.
Il lama scoppiò in una gran risata. "Adesso capisci, piccolo amico" spiegò. "L'apparenza non è niente! Di fuori hai l'aspetto terribile di una tigre, ma hai paura del gatto perché il tuo cuore è rimasto quello di un topolino".

Bisogna sempre incominciare dal cuore.

alabianca 04-11-12 19:50

Riferimento: arciere
 
Erano due cisterne a distanza di qualche decina di metri. Si guardavano e, qualche volta, facevano un po' di conversazione.
Erano molto diverse.
La prima cisterna era perfetta. Le pietre che la formavano erano salde e ben compaginate. A tenuta stagna. Non una goccia della preziosa acqua era mai stata persa per causa sua.
La seconda presentava invece fenditure, come delle ferite, dalle quali sfuggivano rivoletti d'acqua.
La prima, fiera e superba della sua perfezione, si stagliava nettamente. Solo qualche insetto osava avvicinarsi o qualche uccello.
L'altra era coperta di arbusti fioriti, convolvoli e more, che si dissetavano all'acqua che usciva dalle sue screpolature. Gli insetti ronzavano continuamente intorno a lei e gli uccelli facevano il nido sui bordi.
Non era perfetta, ma si sentiva tanto tanto felice.

Abbiamo bisogno di credere nella perfezione e di avere il coraggio dell'imperfezione. Viviamo in un mondo in cui la perfezione si confonde con lo sforzo per essere "superiori", "i primi", "essere al centro", "essere qualcuno". L'unica perfezione è l'amore. Soltanto così è possibile comprendere le parole di Gesù: "Siate perfetti com'è perfetto il Padre vostro celeste" (Matteg 5,48) che vengono dopo le beatitudini dei poveri, di quelli che piangono, dei miti, di quelli che hanno fame e sete di giustizia, dei misericordiosi, dei puri di cuori, dei pacificatori e dei perseguitati (ingiustamente) a causa della giustizia.
Chi vive a braccia aperte, di solito, non fa carriera, ma trova tanta gente da abbracciare

alabianca 04-11-12 19:52

Riferimento: arciere
 
Strani rumori rifuggivano dalla finestra, in lontananza si udiva il fischio di un treno e il suo "pensiero" come al solito era assente!
"Ma dove diavolo ti sei cacciato? Proprio oggi che ho bisogno di te, se mi va male anche questa audizione non so più verso cosa la vita mi porterà!"
Nel frattempo la foresta gremita di aghi di pino e spine di pungitopo guardava ostile verso la casetta del piccolo Saubert.
Origliando, gli gnomi della foresta avevano saputo che se Saubert non avesse passato l'audizione sarebbe per sempre stato estromesso dalla saga degli Elfi-Pensiero.
Saubert giunse alla foresta senza aver trovato il suo "pensiero" con gli occhi furtivi cercava di intravedere il suo pensiero sotto la testa di un fungo, dietro la foglia di un acero, dentro a un riccio, ma niente!
Cominciò a piovere e la foresta si chiuse tutta in una nicchia lasciando scoperto solamente uno specchio d'acqua.
Saubert dapprima si riparò sotto a un pino che sdegnato, alzò tacchi e radici e si spostò vicino ad un abete, cercò poi di entrare in un riccio, ma questo si chiuse a tal punto che non potè far altro che pungerlo e poi, e poi, ma nessuno voleva sotto di sé un essere della foresta così bifido.
Non era rimasto altro spazio che il laghetto. Come lo avrebbe potuto riparare?
Forse trasformandosi in goccia avrebbe provato piacere a stare nelle braccia di quello specchio d'acqua, così si avvicinò.
Specchiandosi nell'acqua, rimase sorpreso di non vedere la sua immagine riflessa, solo un fiore si vedeva, con molti petali bianchi, anzi trasparenti al cui centro intravide una luce: era la sua "Anima"!
La afferrò e la strinse forte a sé.
Andiamo a fare la tua audizione, io sono l'Anima, il tuo "pensiero".

È solo con il cuore che si può vedere nel modo giusto;
ciò che è essenziale è invisibile agli occhi

alabianca 04-11-12 20:15

Riferimento: arciere
 
Un beduino, inseguito da feroci nemici, fuggì dove il deserto era più aspro e le rocce più taglienti. Corse e corse, finché non sentì che il rumore degli zoccoli dei cavalli che lo inseguivano si era affievolito e poi spento del tutto.
Solo allora si guardò intorno. Era giunto in una gola paurosa, su cui incombevano pareti di granito e guglie di scuro basalto. Con enorme meraviglia scoprì una specie di sentierino che si inerpicava attraverso la gola.
Lo seguì e dopo un po' si ritrovò all'imboccatura di una profonda grotta buia. Si infilò nell'oscurità con passo esitante.
"Vieni avanti, fratello".
Lo incoraggiò una voce benevola. Nella penombra, il beduino vide un eremita che stava pregando.
"Tu vivi qui?", chiese il beduino.
"Certo".
"Ma come fai a resistere in questa grotta, solo povero, lontano da tutti?".
L'eremita sorrise.
"Io non sono povero. Ho grandi tesori".
"Dove?".
"Guarda là". L'eremita indicò una piccola fessura che si apriva in un fianco della grotta e chiese: "Che cosa vedi?".
"Niente".
"Davvero niente?", domandò l'eremita.
"Solo un pezzo di cielo".
"Un pezzo di cielo: non ti sembra un tesoro meraviglioso?".

Ho letto il racconto di un prigioniero dei nazisti che scriveva tutto contento alla famiglia semplicemente perché era stato spostato da una cella con quattro nude mura ad un'altra in cui c'era una apertura in cima ad una delle pareti , attraverso cui si poteva intravvedere il cielo azzurro al mattino e qualche stella di notte. Questo per lui era un immenso tesoro.
Noi abbiamo tutta la volta celeste. E guardiamo la tv

alabianca 04-11-12 20:15

Riferimento: arciere
 
Un beduino, inseguito da feroci nemici, fuggì dove il deserto era più aspro e le rocce più taglienti. Corse e corse, finché non sentì che il rumore degli zoccoli dei cavalli che lo inseguivano si era affievolito e poi spento del tutto.
Solo allora si guardò intorno. Era giunto in una gola paurosa, su cui incombevano pareti di granito e guglie di scuro basalto. Con enorme meraviglia scoprì una specie di sentierino che si inerpicava attraverso la gola.
Lo seguì e dopo un po' si ritrovò all'imboccatura di una profonda grotta buia. Si infilò nell'oscurità con passo esitante.
"Vieni avanti, fratello".
Lo incoraggiò una voce benevola. Nella penombra, il beduino vide un eremita che stava pregando.
"Tu vivi qui?", chiese il beduino.
"Certo".
"Ma come fai a resistere in questa grotta, solo povero, lontano da tutti?".
L'eremita sorrise.
"Io non sono povero. Ho grandi tesori".
"Dove?".
"Guarda là". L'eremita indicò una piccola fessura che si apriva in un fianco della grotta e chiese: "Che cosa vedi?".
"Niente".
"Davvero niente?", domandò l'eremita.
"Solo un pezzo di cielo".
"Un pezzo di cielo: non ti sembra un tesoro meraviglioso?".

Ho letto il racconto di un prigioniero dei nazisti che scriveva tutto contento alla famiglia semplicemente perché era stato spostato da una cella con quattro nude mura ad un'altra in cui c'era una apertura in cima ad una delle pareti , attraverso cui si poteva intravvedere il cielo azzurro al mattino e qualche stella di notte. Questo per lui era un immenso tesoro.
Noi abbiamo tutta la volta celeste. E guardiamo la tv

alabianca 04-11-12 20:17

Riferimento: arciere
 
Uno scultore stava lavorando alacremente col suo martello e il suo scalpello su un grande blocco di marmo. Un ragazzino, che passeggiava leccando il gelato, si fermò davanti alla porta spalancata dei laboratorio.
Il ragazzino fissò affascinato la pioggia di polvere bianca, di schegge di pietra piccole e grandi che ricadevano a destra e a sinistra.
Non aveva idea di ciò che stava accadendo; quell'uomo che picchiava come un forsennato la grande pietra gli sembrava un po' strano.
Qualche settimana dopo, il ragazzino ripassò davanti allo studio e con sua grande sorpresa vide un grande e possente leone nel posto dove prima c'era il blocco di marmo.
Tutto eccitato, il bambino corse dallo scultore e gli disse: "Signore, dimmi, come hai fatto a sapere che c'era un leone nella pietra?".

Il maestro sosteneva di avere un libro che conteneva tutto ciò che era concepibíle conoscere su Dio.
Nessuno aveva mai visto il libro finché uno studioso in visita, a forza di insistenti preghiere, lo sottrasse al maestro.
Se lo portò a casa e lo aprì ansiosamente...
Ogni pagina del libro era bianca.
"Ma il libro non dice niente", protestò lo studioso.
"Lo so", rispose il maestro soddisfatto, "ma guarda quante cose suggerisce!"

Ogni istante della tua vita è una pagina bianca. Tocca a te scriverla. E, anche se a qualcuno puoi sembrare un blocco di pietra, dentro di te c'è un leone. Tocca a te farlo uscire.

alabianca 04-11-12 20:41

Riferimento: arciere
 
coloro che hanno degli amici




senza avere chiesto di averli,
perchè gli amici non si comprano,
non si vendono,non si permutano.
Amici ci si sente !
Beati coloro che soffrono per i propri amici,
Coloro che riescono a comunicarsi in uno sguardo.
Perchè l’amico non tace, non questiona,non si arrende.
L’amico ti capisce !
Beati coloro che conservano le amicizie
Coloro che offrono la spalla per piangere.
Perchè l’amico soffre e piange
E per loro non esiste una ora esatta per consolare!
Beati gli amici che credono nella tua verità
E che ti fa vedere la tua realtà.
Perchè l’amico è la direzione,
è la base quando viene a mancare l’appoggio.
Che siano beati tutti gli amici,
Perchè gli amici sono eredi
Della reale saggezza.
Avere amici è la migliore complicità!

alabianca 04-11-12 21:58

Riferimento: arciere
 
Il giorno dopo, il Signore tornò a guardare la sua Creazione. C'era qualche ritocco da fare. C'erano dei bei sassi sui greti dei fiumi, grigi, verdi e picchiettati. Ma sotto terra i sassi erano schiacciati e mortificati. Dio sfiorò quei sassi profondi ed ecco si formarono diamanti e smeraldi e milioni di gemme scintillanti laggiù nelle profondità.
Il Signore vide i fiori, uno più bello dell'altro. Mancava qualcosa, pensò, e posò su di essi un soffio leggero: ed ecco, i fiori si vestirono di profumo.
Un uccellino grigio e triste gli volò sulla mano. Dio gli fischiettò qualcosa. E l'usignolo incominciò a gorgheggiare.
E disse qualcosa al cielo e il cielo arrossì di piacere. Nacque così il tramonto.
Ma che cosa mai avrà bisbigliato il Signore all'orecchio dell'uomo perché egli sia un uomo?
Gli bisbigliò, in quel giorno lontano, in quell'alba remota, tre piccole parole: "Ti voglio bene".

Negli antichi codici, c'è la storia di una fanciulla, che aveva fatto parte del gruppo delle donne che avevano seguito Gesù fin sul Calvario.
Era una giovane timida, silenziosa e riservata.
Alla notizia della Risurrezione, non aveva avuto bisogno né di visioni né di conferme. Aveva creduto subito. E spinta da un'audacia mai avuta prima, si era fatta pellegrina per annunciare le parole di Gesù.
Non aveva più paura. Predicava nelle città e nei villaggi.
Un giorno le si avvicinò un uomo, che era stato profondamente impressionato dalla sua testimonianza. E le chiese:
"Dimmi, qual è il segreto del tuo coraggio?".
"L'umiltà. Così mi ha insegnato il Maestro".
L'uomo stette un attimo in silenzio, poi chiese ancora:
"E a che cosa serve l'umiltà?".
"A dire per prima: Ti voglio bene!".

alabianca 04-11-12 22:40

Riferimento: arciere
 
Ad una vendita all'asta, il banditore sollevò un violino. Era graffiato e scheggiato. Le corde pendevano allentate e il banditore pensava non valesse la pena perdere tanto tempo con il vecchio violino, ma lo sollevò con un sorriso.
"Che offerta mi fate, signori?" gridò. "Partiamo da...100 mila lire!".
"Centocinque!" disse una voce. Poi centodieci. "Centoquindici!" disse un altro. Poi centoventi. "Centoventi mila lire, uno; centoventi mila lire, due; centoventi mila...".
Dal fondo della stanza un uomo dai capelli grigi avanzò e prese l'archetto. Con il fazzoletto spolverò il vecchio violino, tese le corde allentate, lo impugnò con energia e suonò una melodia pura e dolce come il canto degli angeli.
Quando la musica cessò, il banditore, con una voce calma e bassa, disse: "Quanto mi offrite per il vecchio violino?". E lo sollevò insieme con l'archetto.
"Un milione, e chi dice due milioni? Due milioni! E chi dice tre milioni? Tre milioni uno tre milioni, due; tre milioni e tre, aggiudicato" disse il banditore.
La gente applaudi, ma alcuni chiesero. "Che cosa ha cambiato il valore del violino?".
Pronta giunse la risposta: "Il tocco del Maestro".

Siamo vecchi strumenti impolverati e sfregiati. Ma siamo in grado di suonare sublimi armonie. Basta il tocco del Maestro.

alabianca 04-11-12 22:41

Riferimento: arciere
 
In un angolo sperduto del mondo, nel folto di una foresta fittissima, c'era una scaletta. Era una semplice scala a pioli, di vecchio legno stagionato e usurato.
Era circondata da abeti, lanci, betulle. Alberi stupendi. Là in mezzo sembrava davvero una cosa meschina.
I boscaioli che lavoravano nella foresta, un giorno, arrivarono fin là. Guardarono la scala con commiserazione: "Ma che robaccia è?" esclamò uno.
"Non è buona neanche da bruciare" disse un altro.
Uno di loro impugnò l'ascia e l'abbatté con due colpi ben assestati. Venne giù in un attimo. Era davvero una cosa da niente. I boscaioli si allontanarono ridacchiando.
Ma quella era la scala su cui ogni sera si arrampicava l'omino che accendeva le stelle.
Da quella notte il cielo sulla foresta rimase senza stelle.

C'è una scala anche dentro di te. Paragonata alle tante cose che ti vengono offerte ogni giorno é un niente. Ma è la scala che serve per salire ad accendere le stelle nel tuo cielo.
Si chiama preghiera.

alabianca 04-11-12 22:46

Riferimento: arciere
 
Si chiamava "Bella come l'aurora", viveva serenamente in un piccolo villaggio di pescatori sulle rive del Fiume Azzurro, e fu chiesta in moglie dal più ricco dei pescatori del fiume.
I primi anni della giovane coppia furono veramente felici e spensierati. Ma tutta quella felicità infastidiva e irritava sempre di più la suocera di Liu, che era stata rapidamente spodestata dal cuore del figlio, dei familiari e dei servi dalla bella nuora. Così cominciò a tormentarla in ogni modo e a diffondere le più orribili dicerie sul suo conto. Esasperata, la bella Liu decise di vendicarsi uccidendo la suocera. In preda a questa cupa decisione, si recò da uno stregone per procurarsi un filtro di morte.
Lo stregone l'ascoltò attentamente e poi le diede una fiala che conteneva un liquido rosa da mescolare ogni giorno nel tè della suocera, poi le propose, per stornare da sé ogni sospetto, di praticare ogni mattino sulle s*****, la nuca e la fronte della suocera un massaggio dolce e rilassante.
"In questo modo la morte la sorprenderà lentamente nel giro di sei mesi".
Liu, paziente e ostinata, per mesi versò regolarmente gocce di liquido rosa nel tè della suocera e praticò con la stessa pazienza il dolce massaggio ogni giorno.
Il massaggio quotidiano tesseva una rete nuova tra le due donne, che divennero amiche. Il loro cuore cambiò. La suocera notò quanto la nuora fosse gentile e generosa oltre che bella. Liu riscopriva ogni giorno il cuore materno della suocera.
Dopo qualche mese, Liu aveva praticamente dimenticato il motivo delle quotidiane visite, delle gocce di liquido rosa nel tè e del massaggio alla suocera: tutto questo era diventato una tranquilla e piacevole abitudine, fatta anche di complicità, di lunghe chiacchierate e di tenerezza.
Ma un giorno, all'improvviso, fu costretta a ricordarsene. La suocera innocentemente disse: "Stiamo così bene insieme. Che peccato che io debba morire molto prima di te...".
Liu si alzò e corse dallo stregone per avere l'antidoto al veleno della fiala. Si gettò in ginocchio e lo supplicò, spiegandogli quello che era successo e come fosse cambiato il suo cuore.
Lo stregone sorrise: "Alzati mia bella figliola. Il liquido che ti ho dato è soltanto acqua di petali di rosa. Il vero antidoto al veleno dell'odio che in realtà era dentro di te è stato il massaggio quotidiano. Se guardi una persona negli occhi, le stai vicino, parli con lei non potrai più odiarla".

Se guardi una persona mentre dorme non potrai più odiarla.
L'uomo nasce tenero e fragile, muore duro e forte. Tutti gli esseri nascono teneri e delicati, muoiono rinsecchiti e scarni. Per questo ciò che è duro e forte è compagno della morte, ciò che è tenero e fragile è compagno della vita.

alabianca 04-11-12 22:48

Riferimento: arciere
 
C’era una volta una piccola rondinella che rimase ferita e siccome non riusciva a volare cercò riparo nella bottega di un falegname, il cui nome era Giuseppe. Questi appena la vide subito si prese cura di lei, medicandole l’ala. Fumetta, così la chiamava il gentile falegname, si affezionò a lui e passarono un’estate felici insieme. Arrivato il momento di partire la rondinella decise di rimanere con il suo amico a fargli compagnia in bottega. Trascorsero così insieme anche il freddo inverno come veri e propri amici. La primavera successiva le altre rondinelle tornarono in paese ma la piccola Fumetta, era un po’ triste, perché ascoltando i magnifici racconti delle avventure compiute dalle compagne durante la migrazione, avrebbe voluto essere stata insieme a loro. Allo stesso tempo però non voleva lasciare il suo nuovo e speciale amico. Giuseppe capì i desideri della sua amica rondinella, e la convinse a migrare assieme alle sue compagne. Fu così, ma Fumetta non si scordò mai del suo amico e ad ogni primavera, quando tornava dal sud, andava a trovarlo nella sua bottega.

alabianca 04-11-12 22:48

Riferimento: arciere
 
C’era una volta una piccola rondinella che rimase ferita e siccome non riusciva a volare cercò riparo nella bottega di un falegname, il cui nome era Giuseppe. Questi appena la vide subito si prese cura di lei, medicandole l’ala. Fumetta, così la chiamava il gentile falegname, si affezionò a lui e passarono un’estate felici insieme. Arrivato il momento di partire la rondinella decise di rimanere con il suo amico a fargli compagnia in bottega. Trascorsero così insieme anche il freddo inverno come veri e propri amici. La primavera successiva le altre rondinelle tornarono in paese ma la piccola Fumetta, era un po’ triste, perché ascoltando i magnifici racconti delle avventure compiute dalle compagne durante la migrazione, avrebbe voluto essere stata insieme a loro. Allo stesso tempo però non voleva lasciare il suo nuovo e speciale amico. Giuseppe capì i desideri della sua amica rondinella, e la convinse a migrare assieme alle sue compagne. Fu così, ma Fumetta non si scordò mai del suo amico e ad ogni primavera, quando tornava dal sud, andava a trovarlo nella sua bottega.


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Traduzione in Italiano: P2psin.it & Cionfs.it

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